16/08/14

Recensione: Cobra Mission


Rutilante low budget b-movie di guerra datato 1986, diretto da Larry Ludman (all’anagrafe Fabrizio de Angelis), si trova anche in edizione giapponese se vi interessa.

Vari anni dopo la fine della guerra del Vietnam, quattro ex marine con l’espressività facciale di una lamiera ondulata decidono di tornare nelle infernali giungle del sud est asiatico per salvare dei prigionieri di guerra rimasti nelle mani dei Charlie. La missione si conclude in un nulla di fatto, e se volete scoprire il perché siete invitati a guardarvi subito il film. Altrimenti continuate a leggere (poi però il film guardatelo lo stesso).

Come avrete intuito, la trama assomiglia molto ad una fetta di gruviera per i buchi logici che presenta. Quindi la presenterò a grandi tratti, insieme ai pregi-difetti del film.

Da una scena all’altra il giorno diventa notte, e il tramonto diventa alba senza un minimo di preavviso per lo spettatore, che si trova a dover subire una contrazione pupillare frequentissima per abituarsi alle diverse intensità di luce mentre cerca di capire disperatamente il “quando”. Stesso discorso per il “dove”: tutto comincia in varie zone americane, il gruppo si riunisce al matrimonio della figlia del capitano, poi viene buttato fuori dalla simpatica madre della sposa va via all’improvviso. 
In un raptus di cameratismo, il capitano segue i suoi vecchi commilitoni e la scena dopo è nella vicinissima Thailandia. Dalla Thailandia si va in Laos grazie all’aiuto del simpatico missionario cattolico jihadista Padre Lenoir – un insignificante Donald Pleasance – e quindi (grazie ad alcuni mistici cartelli stradali affissi su una palma in piena giungla, che riportano la direzione per Hanoi) in Vietnam, senza dimenticare di obliterare un tranquillo e semideserto villaggio di civili lungo il percorso (un massacro di My Lai su piccola scala, tanto per gradire). 
Già, il percorso: gli spostamenti avvengono quasi sempre nel giro di mezza giornata, molto spesso a piedi. È quindi naturale chiedersi se Laos e Vietnam siano estesi quanto venti isolati di Manhattan, o se il regista avesse gravi lacune geografiche mai recuperate.

Ma in fondo questo è un b-movie di guerra, chissenefotte della correttezza geografica e temporale? Quello che lo spettatore vuole vedere è il marine yankee che, armato di un fucile a tappi, annienta nemici armati sino ai denti senza riportare un graffio! Beh, da questo punto non c’è di che rimanere delusi, visto che questi quattro pezzenti (armati rispettivamente di M16 caricato a pastelli di cera, Mp5 col calcio in pongo, fucile a pompa Chicco e una mitragliatrice pesante in balsa dipinta di nero) riescono a sterminare interi plotoni, mezzi e basi nemiche pesantemente armati e corazzati. Ovviamente senza quasi riportare danni.

Per dare un po’ di credito al Nam però, si è pensato di inserire una patetica scena-amore di una giovinetta che una notte fa innamorare uno dei marine. Lo yankee tutto muscoli e niente cervello ci sta: si lancia sul petting selvaggio ma non appena la denuda nota che il suo corpo è tutto una cicatrice orrenda. Il soldato inorridisce e si paralizza. Lei per tutta risposta lo prende a revolverate. Uno a diciottomila per il Nam, evviva!
Nella scena diurna immediatamente successiva l’altro marine entra nella capanna, vede il cadavere del camerata e omaggia l’asiatica di una gratuitissima rosa di pallettoni a corto raggio (con tanto di simpatico “L’hai ucciso, maledetta troia!”). Così, tanto per cancellare quell’uno e riportare il dannato Nam sul fondo.

Ad un certo punto i nostri bellimbusti riescono a radere al suolo un intero campo di prigionia nella giungla: gettano alle ortiche l’elemento sorpresa con una raffica di mitra che stende un piantone e ricorrono alle granate infinite per fare piazza pulita. Quindi portano via gli scioccati - e riluttanti - prigionieri di guerra, vantandosi del successo della missione. Peccato però che quasi tutti i prigionieri muoiano nell’assalto alla base fluviale, che segue una o due scene dopo (il giorno dopo, stando alla linea temporale del film). Ottima missione di salvataggio, complimenti.

Senza un perché, al termine del film la giungla scompare, inghiottita da una pampa argentina: circondato da centinaia di vietcong incazzati, l’imbattibile terzetto con un sopravvissuto rimasto (non lo spettatore) rimane per un attimo istupidito quando atterra un elicottero americano, e il colonnello Mortimer – deus ex machina, un rigidissimo Gordon Mitchell – scende e chiarisce tutti i dubbi di trama: in realtà i prigionieri di guerra erano lì per volere del Governo americano, che si preoccupava della loro salute inviando scatolame e ispettori per controllarne il benessere (?). Pertanto quell’unico sopravvissuto deve tornarsene al lager. E così fa, mentre i nostri marines tornano alla madrepatria.
Infine appaiono delle simpatiche scritte che spiegano come sono stati tolti di mezzo dal Governo per essere stati testimoni di scomode verità morti accidentalmente i nostri eroi. Ne sopravvive solo uno (precedentemente internato in clinica psichiatrica nonostante il suo perfetto stato mentale in quanto testimone scomodo) che viene però lobotomizzato per davvero.
Ecco, ora è finito.

Un po’ Platoon un po’ Tropic Thunder, con tanto di critica velata al conflitto del Vietnam, il film trascende la comprensione umana: tutto si perde in una trama patetica dove agiscono personaggi ridicoli, generando un film con scene ammonticchiate a caso, dando vita ad un patchwork di incoerenze di ogni tipo. Ed è esattamente per questo che il film merita.

Lascio a voi tutte le domande rabbiose e irrisolte (“Quale missione di salvataggio? Ma non hanno perso quasi tutti i prigionieri di guerra? Il sopravvissuto torna al campo ormai fumante e parla con le palme? Quante granate avevano, dannazione?”) perché non riesco più a scrivere per le risate.

Visione consigliata a un pubblico con grandi capacità di astrazione spazio-temporali e senza debiti formativi in geografia.

9/10

4 commenti:

  1. a "L'hai ucciso, brutta troia!" ho immaginato nitidamente la scena è ho riso molto.

    Elthalas

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  2. Oh beh, se hai riso molto solo a leggere la descrizione allora pensa se avessi visto il film. Perla cinematografica pazzesca!

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  3. Risposte
    1. ah già, ho anche il vecchio blog come sempre :)

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